Quasi 10 anni fa il terremoto dell’Aquila non ha portato solo morte e distruzione: ha intaccato lo smalto di tanti abitanti, ha portato a una perdita di identità e a una crescente difficoltà a guardare con fiducia al futuro. Anche così si spiega l’accelerazione che ha avuto il fenomeno dello spopolamento dei tanti paesi colpiti. La situazione poi si aggrava e si estende ulteriormente quando nel 2016 e nel 2017 arrivano anche i morti e le distruzioni dei terremoti che si susseguono dal 24/8/2016 ad Amatrice (RI) , fino al 18/1/2017 nell’Alta Valle dell’Aterno (AQ), passando per la tremenda scossa del 30/10/2016 in Marche e Umbria.
In un contesto così, che fare? Da dove cominciare?
Il Parco Nazionale del Gran Sasso Monti della Laga rappresenta di fatto un grande cratere sismico: dei 44 Comuni che ne fanno parte, 38 ricadono in almeno un cratere (quello dell’Aquila del 2009 e/o quello 2016-17).
Per questo, nell’ambito del Dipartimento di Scienze Umane dell’Università de L’Aquila è stato elaborato un progetto “Il territorio dei miei sogni”, sostenuto dal Parco, e costituito un gruppo di ricerca, per analizzare la realtà a partire dai sogni che le persone ancora possono esprimere per la nascita di progetti per la valorizzazione dei territori del Parco.
Le fasi di ricerca socio-territoriale e operativa hanno portato alla realizzazione di:
- un report dettagliato dell’analisi compiuta;
- alcuni poster e infografiche riassuntivi dei principali temi emersi;
- questo bel video sulle realtà studiate.
Questo materiale è stato realizzato per descrivere situazioni e problematiche in atto, ma anche come spunto per per stimolare iniziative di valorizzazione dell’entroterra, con una co-progettazione diffusa proveniente dal basso, mediante una serie di eventi nei principali centri dell’entroterra.
Il servizio della trasmissione RAI “Italian Beauty” del 15/6/2018 ne parla in modo più esteso
Come si è arrivati a questo risultato?
Si è trattato di un importante lavoro di squadra:
- che ha coinvolto un gruppo numeroso ed eterogeneo di esperti, docenti e studenti;
- che ha richiesto un grande lavoro di testa, ma anche di cuore e di pancia;
e che nel complesso ha permesso di far emergere e rielaborare spunti utili di oltre 400 persone.
Un lavoro imponente, compiuto da “cacciatori di sogni”, in gran parte studenti opportunamente formati o con precedente esperienza sul campo, nel quale le idee per future progettazioni sono rappresentate dagli spunti iniziali e dalle informazioni raccolti sul campo.
Le note sono state raccolte con l’ausilio di mappe in un formato visuale destrutturato, con fogli A3 e 5 colori.
Terminata la fase di raccolta e di sintesi, il progetto è entrato nella sua ultima fase: quella di divulgazione, di sensibilizzazione e di attivazione di sinergie e progettualità in rete direttamente nei territori.
Mappe per pensare, mappe per condividere
Da esperto di mapping, in questa esperienza trovo molto importante l’enorme lavoro di raccolta e di sintesi, che è stato compiuto utilizzando a piene mani il pensiero visuale.
La prof.ssa Lina Calandra, colonna portante del progetto, descrivendomi il lavoro compiuto mi diceva “… abbiamo oltre 400 mappe dei sogni, ognuna delle quali rappresenta al contempo una finestra sul futuro, un’ancora al presente e una opportunità per recuperare la storia: qualcuno presterà ascolto? Qualcuno avrà la pazienza di capire cosa raccontano di noi tutti, dei nostri territori queste mappe? Qualcuno coglierà l’occasione per rifondare la politica a partire dalle persone, dai luoghi, dai desideri e speranze di chi li vive?“.
In questo lavoro di co-creazione, le mappe
- hanno aiutato sia gli intervistati, sia gli analisti a fare il punto, a individuare criticità, a focalizzare idee, a formulare proposte;
- sono state soprattutto strumenti per pensare, ancor più che per rappresentaree il risultato è stato il processo di sintesi e di ideazione, più che la descrizione ottenuta.
D’altra parte il contenuto di ogni mappa può essere oggetto attivatore, opportunità di dialogo e di approfondimento, occasione di confronto e di incontro.
In questo senso proprio l’ambiguità, la vaghezza, la molteplicità delle interpretazioni di una mappa destrutturata può essere uno spazio nel quale individuare e formulare nuove comuni interpretazioni.
Oltre alla possibilità di raccogliere le osservazioni durante gli incontri, auspicherei dunque la possibilità di usarle come stimolo evocativo per avviare un dialogo, affinché ciascuno possa esprimersi indicando un senso e un significato alla rappresentazione.
Sarà più facile così anche formulare ipotesi di collaborazione in rete, su area locale oppure in area più vasta.